La contro-dipendenza affettiva: Io non ho bisogno di nessuno!

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La contro-dipendenza affettiva: Io non ho bisogno di nessuno!

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In questo articolo del ciclo “dipendenza e contro-dipendenza affettiva” vorrei parlare delle dinamiche interne e relazionali di coloro che hanno risolto il terrore dell’abbandono e del rifiuto evitando con cura qualsiasi legame o instaurando legami superficiali in modo da non “perdere il controllo” all’interno di una relazione.

Questo pattern interiore e relazionale, conosciuto come contro-dipendenza affettiva, porta le persone a rendersi affettivamente indisponibili ad un rapporto di intimità profondo. Il contro-dipendente risolve il proprio bisogno di dipendenza attraverso la negazione e l’inibizione del sistema dell’attaccamento.

Possiamo amare in modo profondo solo se siamo disposti a lasciarci andare, solo se siamo in grado di sentirci un po’ più vulnerabili del solito, solo se siamo sufficientemente coraggiosi da accettare che la nostra felicità dipenda, almeno in parte, dal partner.

Il contro-dipendente non può permettersi tutto ciò.

La vulnerabilità, il bisogno di conforto, il pianto e il bisogno di esser consolati e supportati dagli altri sono aspetti che non devono esistere nella sua vita. Questi bisogni naturali, che egli/ella disprezza, vengono insoddisfatti, inespressi e inelaborati, sepolti assieme alla disperazione e al terrore del rifiuto e alla paura dell’abbandono. Questi sentimenti completamente dimenticati non restano inconsci per sempre, ma talvolta raggiungono la consapevolezza: può essere un nuovo incontro capace di oltrepassare la corazza difensiva o un evento improvviso e significativo o una fase particolare del ciclo di vita.

Quando accade ciò l’uomo tutto di un pezzo, il seduttore dongiovannesco, la femme fatale o l’algida donna in carriera spariscono lasciando il posto al vuoto terrifico di un bambino interiore deprivato, non visto, trascurato e soffocato. Il contro-dipendente in questa fase vacilla, non capisce cosa stia succedendo “Ma io chi sono veramente??” potrebbe chiedersi, trovando il coraggio di rivolgersi ad un esperto. “La prego mi faccia tornare quello di un tempo, forte, strafottente, impavido e distaccato” potrebbe implicitamente chiedere durante una delle prime sedute.

Le persone con un funzionamento contro-dipendente, dietro la maschera che indossano, sono vittime del proprio carceriere interiore, che li sprona quotidianamente a negare i propri bisogni più autentici, le proprie vulnerabilità, reputate ridicole, indegne, non amabili. Egli/ella spesso arriva in terapia vergognandosi di ciò che prova nei momenti di vuoto e disperazione. Il sentimento infatti alla base della contro-dipendenza è la VERGOGNA la quale tiene in ostaggio il vero sé e la vitalità naturale del bambino interiore.

Queste persone possono risultare ciniche, fredde e distaccate proprie perché arroccate nella propria vergogna. Passano la maggior parte del tempo in uno stato di anestesia emotiva: non percepiscono un vero dolore o una profonda tristezza, non riescono a piangere ma al tempo stesso non sono mai veramente serene e coinvolte da qualcuno o da qualcosa. Possono essere euforiche per l’ultima conquista, per un grande riconoscimento ottenuto o per un ulteriore successo lavorativo ma si tratta di un’emozione superficiale e passeggera, che ha vita breve e che non li nutre nel profondo. Il contro-dipendente ha una grave e cronica difficoltà ad accedere alle proprie emozioni: non sente niente per se stesso e quindi non è nemmeno in grado di esprimere empatia per l’altro.

Quello che si verifica in questi casi  è una scissione tra il proprio vero sé, il proprio bambino interiore carico di bisogni e il falso sé ovvero la propria immagine. Il primo viene represso e negato mentre l’immagine viene coltivata in modo spasmodico e ossessivo al punto tale da diventare la struttura portante dell’intera personalità. L’immagine però, essendo totalmente distaccata dal proprio sé profondo, non consente di sviluppare una struttura di personalità stabile e solida. Si tratta di castelli di cartapesta, ville ottocentesche bellissime e sontuose prive di fondamenta, palazzi a 10 piani che ostentano stabilità ma spazzati via alla prima folata di vento.

A prescindere dall’immagine che le persone contro-dipendenti indossano, ciò che le accomuna è un profondo sentimento di VUOTO interiore, un “buco nero” nel quale precipitano nelle fasi di collasso.

Per riemergere dagli stati di angoscia e di vuoto terrifico, le persone contro-dipendenti possono utilizzare modalità differenti: l’esibizionismo, la grandiosità, la dipendenza primaria da sostanze, l’esercitare il proprio potere sugli altri e/o nei casi più gravi l’aggressione o la distruzione del proprio interlocutore affettivo.

Potreste chiedervi, ma la contro-dipendenza dipende dai vissuti infantili?

Questo assetto di personalità, così come per le altre forme di dipendenza è frutto di un apprendimento molto precoce. Il contro-dipendente è stato un bambino rifiutato o comunque accettato “solo a patto che fosse…”, non considerato nei suoi bisogni naturali, il quale non ha potuto fare affidamento su una figura di riferimento calda e rassicurante ma ha dovuto imparare il prima possibile a fare da solo, ad autonomizzarsi. Attenzione: in questo caso non si parla di presenza fisica, concreta ma di presenza e calore emotivo.

Questa è la prima grande differenza rispetto alle altre forme di dipendenza. Il dipendente “classico”, così come il codipendente o la forma aggressivo-dipendente hanno sentito fin da piccoli l’interessamento della propria figura di attaccamento, pur se in modo discontinuo, debole o ambivalente, restando perennemente in sospeso, imprigionati in una condizione di attesa; il contro-dipendente invece ha dovuto fare da subito i conti con il rifiuto e quindi con un vuoto affettivo che lo ha costretto a fare tutto da sé. Il contro-dipendente è stato un bambino o una bambina  che ha dovuto sopprimere i propri bisogni di accudimento e ostentare una finta autonomia, un’auto immagine fondata sulla negazione del sé reale. Ecco perché da adulti assumono le sembianze di “splendidi castelli di cartapesta”: le loro abilità e competenze spesso lodevoli e grandiose, sono fondate su una FRAGILITA’ STRUTTURALE.

I bambini che crescono all’interno di un clima sicuro possono passare da una condizione di sana dipendenza ad una più matura forma di autonomia. Mentre il dipendente affettivo rimane imprigionato in una forma problematica di dipendenza, avendo difficoltà ad accedere alla propria autonomia emotiva, il controdipendente ha dovuto saltare la fase della sana dipendenza, accedendo direttamente all’autonomia e negando i normali bisogni di dipendenza. Entrambi quindi hanno saltato uno degli step evolutivi fondamentali per l’equilibrio psichico e relazionale.

L’amore maturo è possibile solo quando il nostro bambino interiore conserva la spontaneità e la fiducia per aprirsi verso l’esterno, guidato e protetto dalla nostra parte “saggia” ovvero quella adulta.

Il dipendente affettivo non riesce ad amare in modo maturo perché non è riuscito a costruirsi una pelle sufficientemente spessa da mediare e dare un senso di realtà ai tumulti del proprio bambino interiore; il contro-dipendente invece non riesce a lasciarsi andare all’esperienza dell’amore poiché il proprio bambino interiore è stato sepolto e dimenticato, vittimizzato dal proprio carceriere interiore.

Ma queste persone possono cambiare? Possono liberare il proprio bambino interiore?

Ciò è possibile solo qual ora la motivazione provenga da loro stessi, dall’interno e in ogni caso richiede un percorso impegnativo e doloroso. La presa di consapevolezza del proprio funzionamento, la presenza di una parte di sé totalmente deprivata, la mancanza di solide fondamenta e il riconoscimento della propria vulnerabilità, del proprio “essere umani, proprio come tutti gli altri!” è fonte di dolore, di sofferenza. Ma si tratta di un percorso inevitabile e necessario che consente anche il riconoscimento di una parte di sé più viva, autentica, che può finalmente permettersi di provare piacere fine a se stesso, che può giocare e divertirsi per il piacere di farlo, può emozionarsi e lasciarsi coinvolgere.

“Nessuno si salva da solo. Se volete imboccare la strada delle vera indipendenza e della felicità trovate la persona su cui fare affidamento e percorretela con lei. Concedetevi di essere «vulnerabili»”. (Levine, Heller)

Per concludere vi posto il trailer di un film, Shame, di Steve McQueen, il cui protagonista Brandon rappresenta un esempio ben fatto di personalità contro-dipendente.  Brandon è un trentacinquenne che vive a New York, realizzato a livello lavorativo, privo di rapporti sentimentali e affetto da una divorante dipendenza sessuale. Le cose cambiano con l’arrivo della sorella, una ragazza altrettanto problematica ma fortemente emotiva ed esplosiva nell’esprimere i propri sentimenti. Buon visione.

 

FONTE:

Borgioni “Dipendenza e contro-dipendenza affettiva”

Di Maggio, Semerari “I disturbi di personalità, Modelli e Trattamento”

 

 

 

 

 

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