In questo articolo vorrei parlarvi delle diverse tipologie di “madre interiore”, che potrebbero influenzare i nostri dialoghi interiori e le nostre azioni nel mondo. Si tratta di una parte della psiche che agisce e reagisce in modo identico a quello esperito nell’infanzia dal rapporto con le proprie figure genitoriali. Questa madre interiore è costituita non soltanto dall’esperienza con la propria madre, ma anche da altre figure materne che sono entrate nella nostra vita, così come dai concetti di “maternità” trasmessi dalla cultura dominante.
Per la maggior parte delle persone adulte, anche se le difficoltà reali nel rapporto con la madre sono state superate, resta il duplicato materno nella psiche che agisce e reagisce proprio come nella prima infanzia nei confronti del nostro “bambino interiore”. Le caratteristiche della propria madre interiore sono uno degli aspetti centrali della psiche femminile, poiché ne influenzano l’identità sia come donna che come futura madre. Le sembianze della proprie madre interiore influenza notevolmente anche la psiche maschile soprattutto nel modo in cui i ragazzi si rapportano con la propria parte femminile e con le donne.
Per questi motivi è molto importante diventare consapevoli delle caratteristiche della propria madre interiore, correggerne alcuni aspetti e smantellarne altri e ricominciare da capo se necessario.
Partendo dalla storia del brutto anatroccolo analizziamo quali sono metaforicamente le caratteristiche di “mamma anatra”, come sottolinea l’autrice Estès nel suo libro “Donne che corrono con i lupi” essa è nello stesso tempo una madre ambivalente, accasciata e orfana di madre.
Vediamo quali sono nel dettaglio le caratteristiche di queste figure materne in modo da stabilire se la nostra madre interiore riesce a sostenere le nostre qualità uniche e speciali o se è necessario un cambiamento.
LA MADRE AMBIVALENTE
Nella storia del brutto anatroccolo mamma anatra viene presa di mira dalle altre anatre poiché le rinfacciano di aver avuto un piccolo troppo diverso dagli altri. Questa madre se da un lato cerca di reggere la diversità del proprio piccolo dall’altro teme che tale diversità possa mettere a repentaglio la sua sicurezza nella comunità e quindi alterna momenti in cui si sintonizza con il piccolo, riconoscendo la sua diversità come una sua caratteristica peculiare a momenti in cui tale diversità le provoca preoccupazione, ansia, cercando di conformare il piccolo ai dettami della cultura di appartenenza. La madre quindi invece che allinearsi con il figlio si piega ai desideri della cultura dominante e trasmette ai figli il messaggio “devi essere come si deve, devi esser bravo/a, devi essere uguale agli altri”, in questo modo spera di evitare l’attacco al figlio/a e di conseguenza a sé medesima. Quindi da una parte c’è il desiderio di essere accettate dalla comunità, dall’altra l’istinto d’amore per il proprio figlio e la spinta a sintonizzarsi con lui/lei e a salvarlo/a. Ecco perché ambivalente, sospesa continuamente tra l’accettazione della classe dominante (“devi essere così, così e così per andare bene ed essere accettato dal mondo) e l’amore per la propria creatura così come essa si presenta (“vai bene così come sei, non è necessario che tu modifichi te stesso/a per piacere agli altri”).
Quando una donna ha questa madre interiore ambivalente può avere difficoltà a sintonizzarsi in modo costante con le proprie qualità e la propria autenticità. Può ritrovarsi a cedere troppo facilmente a pressioni esterne, può scoprire di aver paura a prendere posizione, a chiedere rispetto, ad asserire il suo diritto di vivere a modo suo.
Se ci riconosciamo in questa forma di madre interiore possiamo imparare a credere maggiormente sulle nostre qualità e sintonizzarci su di esse se non sono state permesse per molto tempo. Possiamo imparare a tenerle al riparo e attivarle al momento opportuno, imporci per noi medesime e per quello in cui crediamo.
LA MADRE ACCASCIATA
Tornando alla storia del brutto anatroccolo, alla fine mamma anatra non riesce più a sopportare il tormento del piccolo che viene preso in giro dalla comunità perché diverso dagli altri, quindi crolla e lascia che l’anatroccolo disperato scappi lontano.
Quando una madre crolla psicologicamente, smettendo di essere ambivalente ma disconnettendosi totalmente dal proprio bambino significa che ha perso il senso di sé e della propria identità. Può essere una madre narcisistica talmente concentrata sui propri bisogni insoddisfatti da non accorgersi di quanto sta accadendo oppure una madre portata al crollo da una minaccia reale, psichica o fisica.
Quando nella sua psiche una donna ha la costruzione di una madre che crolla, dubita profondamente del proprio valore. Può sentire che le scelte tra soddisfare le richieste esterne e quelle interiori sono questioni di vita o di morte. Può sentirsi una tormentata outsider, non appartenente a nessun luogo, come un’esiliata. Se così è necessario riconoscere ciò che sta accadendo o risintonizzarsi con la propria “bambina interiore”, alzarsi e andare alla ricerca di ciò cui si appartiene. Se una donna ha una madre interiore accasciata, deve rifiutarsi di diventare per se medesima proprio come lei.
LA MADRE BAMBINA O LA MADRE ORFANA DI MADRE
La madre bambina è la madre in assoluto più fragile. Si tratta della madre che abbandona il proprio figlio non perché crolla ma perché talmente fragile da dover prima prendersi cura di se stessa. Secondo l’autrice Estès nei tempi antichi quella che veniva definita madre-bambina era una madre abbastanza grande da avere dei figli, dotata di buoni istinti nella direzione giusta, ma che ha il bisogno delle cure materne di una o più donne anziane che la consigliano, la incoraggiano e la sostengano della sua maternità. All’epoca le donne anziane erano l’arca della conoscenza e del comportamento istintuale, in grado investirne le giovani madri, mediante le parole o altri mezzi. Oggi nella nostra società la giovane madre porta avanti la gravidanza, partorisce e cerca di curare bene il figlio da sola. Siccome molte donne sono nate da madri bambine o orfane di madre è possibile che possiedano questo stile interiore nei confronti di se stesse.
La donna che ha nella psiche una madre-bambina ha una capacità istintuale indebolita di immaginare cosa potrà accadere nel futuro e assume l’aspetto di una bambina che posa da madre. Si rapporta alla propria bambina interiore dicendole “fai qualsiasi cosa, sii qualsiasi cosa per chiunque, non ti posso aiutare manco io so chi sono”. Ha molta difficoltà a guidare e sostenere la propria figlia interiore. E’ una madre che non ha potuto scoprire la propria vera identità in tempo da poter farne beneficiare la propria creatura. Sono madri che quando la figlia raggiunge l’adolescenza, si trovano a provare gli stessi dolori e gli stessi bisogni della figlia. A volte la ricerca dell’identità della figlia può dare avvio al viaggio della madre per ritrovare il suo Sé perduto. La madre e la figlia diventano quindi più due sorelle, due amiche entrambe in cerca di se stesse.
Vediamo ora quale può essere il rimedio, poiché esiste.
LA MADRE FORTE, LA FIGLIA FORTE
Il rimedio consiste nell’imparare ad essere madre solida e sicura nei confronti della propria figlia interiore. Questa capacità la si può acquisire attraverso un percorso personale di crescita interiore, attraverso il rapporto con altre donne ecc. Come l’autrice riferisce alle proprie figlie “Siete nate da una sola madre ma se siete fortunate ne avrete più di una”. Quindi invece che combattere e allontanarci dalla nostra madre interiore, dobbiamo diventarne consapevoli dei limiti e sostituirla con una madre interiore saggia e selvaggia la cui relazione con essa è destinata a continui mutamenti dovuti ai nuovi incontri e alle nuove esperienze che incontriamo nel corso della nostra vita.
Cosa possiamo dire della donna che ha avuto l’esperienza di una madre oggettivamente distruttiva e abusante nell’infanzia? Dobbiamo ricordare a noi stesse che il tempo non lo possiamo cancellare ma possiamo evitare di essere noi medesime a rapportarci con la nostra figlia interiore in modo abusante e distruttivo. Non dobbiamo spaventarci se la nostra madre interiore non c’è mai stata, non dobbiamo pensare di essere morte noi stesse.
Per concludere vi riporto un aneddoto riportato dall’autrice all’interno del libro “Una volta trapiantavo una siepe di lillà. Per cause misteriose un cespuglio era morto, mentre il resto in primavera era tutto fiorito. Scavando, scoprii che il cespuglio morto aveva le radici ancora intrecciate a quelle del lillà in piena fioritura. Fatto ancora più sorprendente, la parte morta era la madre con le radici più vecchie e grosse. I figli stavano tutti bene, anche se lei era per così dire, botas arribas…la prole vive anche se la madre viene a mancare. Ecco il modello psichico per coloro che non hanno avuto una madre o che da lei sono state torturate. Anche se la madre in un certo senso cade, anche se non ha nulla da offrire, la progenie si sviluppa e cresce indipendentemente, e continua a fiorire”.
FONTE
Donne che corrono con i lupi, Clarissa Pinkola Estès.
Hayley Roberts Photography