Come ho accennato alla fine del precedente articolo “La coercizione interna, e noi tendiamo continuamente a rimandare” per capire e fare fronte alla resistenza messa in atto dal proprio “bambino del passato”, che ostacola ogni nostro sforzo, può aiutarci prendere consapevolezza delle reazioni che possono seguire ad un atteggiamento genitoriale coercitivo. Ognuno di noi potrebbe prediligerne uno come tratto caratteriale preponderante, oppure potrebbe sperimentarli tutti, mischiandoli a seconda della situazione in cui si trova (atteggiamento molto comune). Generalmente li impariamo nell’infanzia come reazione all’atteggiamento dei nostri genitori e li applichiamo da adulti in risposta alle costrizioni che imponiamo a noi stessi. Vediamoli qui di seguito:
- La RESA
In questo caso il genitore si mostra direttivo con il bambino sin dai primi anni di vita e il bambino tende a seguirne le imposizioni con docilità e obbedienza. Lo fa per “paura di perdere l’amore del genitore”. Crescendo trasferisce il suo modo di adeguarsi ad un controllo esterno prima agli insegnanti e poi ai datori di lavoro. Si tratta di una resistenza poiché la persona che agisce questo comportamento non è realmente in contatto con se stessa ma per timore di esser ferita, sminuita o invalidata sente il dovere di adeguarsi all’autorità esterna, impedendo così al proprio essere di esprimersi, maturare e strutturarsi. E’ la realtà esterna che gli fornisce una struttura. Generalmente il conflitto tra autorità esterna e il proprio bambino interiore emerge attraverso forti crisi di ansia, pensieri ossessivi, depressione, stress. In questi casi l’ansia è un segnale di rivolta del proprio Sé che cerca di esprimersi.
- La RESISTENZA ATTIVA
Ci sono casi in cui il genitore per svariati motivi incomincia ad imporre un atteggiamento coercitivo relativamente tardi nell’evoluzione del bambino o lo fa in modo intermittente, ecco che il bambino magari di temperamento molto vivace, inizia ad adottare un modello di sfida diretta alle imposizioni genitoriali. Il genitore potrebbe adottare imposizioni ancora più rigide costringendo il bambino ad intensificare la propria ribellione. Il “bambino del passato” di un adulto che ha avuto una simile esperienza cova ancora il suo risentimento. Da adulto si oppone apertamente ad ogni imposizione e contrasta chiunque si trova in una posizione autorevole. Può arrivare per “quieto vivere” ad accettare delle imposizioni ma covando forti rancori e arrivando ad attaccare anche utili direttive o consigli cooperativi. La polemica costante e lo scontro perenne non gli consentono di collaborare genuinamente con gli altri e il suo bambino del passato si sente internamente solo e incapace di relazionarsi con altri.
- La RESISTENZA PASSIVA
Si tratta della forma di resistenza più diffusa. I motivi che portano all’instaurarsi di questa dinamica sono vari e complessi. Oltre all’indole temperamentale del bambino, ciò potrebbe esser dovuto alla presenza di un genitore autoritario e l’altro genitore indulgente che manda al bambino messaggi opposti in contrasto con il primo. Oppure il genitore potrebbe aver iniziato ad impartire un’educazione coercitiva al bambino quando egli aveva già una certa capacità di porvi resistenza ma non a sufficienza da poter ribellarsi direttamente. Ecco che il bambino di fronte alle direttive genitoriali risponde con apparente compiacenza “Si certo, ora arrivo!” e poi prende tempo continuando a giocare e a svolgere la propria attività. Oppure la madre impone al bambino di fare i compiti, egli non oppone resistenza ma impiega 3 ore per svolgere un compito di mezzora. Nel mentre sogna ad occhi aperti, si distrae, pensa ad altro. Il suo modo di fare suscita ulteriori richieste ancora più pressanti e questo schema comando-resistenza può andare avanti all’infinito. Il ciclo comando-resistenza colpisce la maggior parte degli adulti con gradi di diversa intensità e in settori differenti tra di loro. Da adulto, questa persona continua ad opporre lo stesso tipo di resistenza, si pone delle direttive e poi si perde in fantasie, rimandando e distraendosi con le più svariate attività, finchè non sopraggiunge una reale minaccia dall’esterno. A quel punto la persona di solito, messa alle strette, riesce a raggiungere l’obiettivo ma ripetendo a se stessa di voler mollare tutto.
In generale qualsiasi forma di resistenza sia essa passiva o attiva deve seguire ad un comando. Perché ci si opponga il comando deve venire per primo. Comprendere in che modo noi da adulti operiamo questo meccanismo di base può esser di aiuto per modificare l’atteggiamento coercitivo nei confronti di noi stessi e il conseguente bisogno di resistergli.
Al tempo stesso ritengo sia molto importante precisare che non tutta la coercizione deriva dai nostri genitori. A volte la resistenza può essere l’unico modo con cui è possibile rivendicare la propria individualità e spesso la crescita e l’evoluzione personale nascono proprio da questo tipo di sfida. Ma quando imponiamo a noi stessi dei comandi coercitivi, adottando in automatico vecchi atteggiamenti genitoriali, e poi ci opponiamo ad essi, ci stiamo solo facendo del male.
Come possiamo uscire dal ciclo comando-resistenza?
Ognuno di noi può desiderare di raggiungere i propri obiettivi ma se adotta verso se stesso il tono esasperato, impaziente e/o ipercritico che avevano i suoi genitori, facciamo scattare un meccanismo che invece di aiutarci ci annienta.
Possiamo imparare a riconoscere il ciclo quando si attiva, la prima cosa sono i comandi, possiamo quindi ridurli, riducendo cosi il nostro bisogno di porvi resistenza. Se siamo abituati a dialogare con noi stessi attraverso i “devo”, all’inizio faremo molta fatica ma un po’ per volta cominceremo a distinguere ciò che vogliamo fare da ciò che dobbiamo fare. Quando incominceremo a sentirci soddisfatti della nostra capacità di agire senza il bisogno di minacciarci, diminuirà ancora di più la nostra voglia di resistenza e crescerà la fiducia in noi stessi e la determinazione.
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