Irrigidimento muscolare, irrequietezza, aver voglia di colpire qualcosa, sentire il viso infiammarsi, percepirsi sul punto di esplodere, sentire di non avere il controllo , sentire di non poter frenare le lacrime…
Sono tutte manifestazioni somatiche e comportamentali della rabbia. Generalmente proviamo rabbia quando riteniamo di aver subito un danno ingiusto in conseguenza del quale non siamo riusciti a raggiungere uno scopo per noi importante. La rabbia quindi ha un’importante funzione di difesa di fronte ad un evento che percepiamo come un’aggressione. Spesso il torto che riteniamo aver subito è percepito come intenzionale o malizioso, ingiustificato, immotivato, magari riteniamo responsabile e colpevole del nostro fallimento colui che ha recato il danno.
Immaginiamo una situazione banale: stiamo partecipando ad una gara importante, perdiamo e in modo ingiusto, poiché l’arbitro non si accorge di un errore dell’avversario; in questo caso la rabbia che proviamo è dovuta sia alla perdita, alla fallimento del nostro scopo, sia al sentimento di ingiustizia, alla percezione di aver subito un torto immotivato. Possiamo provare rabbia in contesti molto diversi, ci si può arrabbiare perché non ci sentiamo compresi o rispettati dal proprio partner, ci si può arrabbiare in seguito ad un grosso spavento o in concomitanza di un timore che perdura nel tempo. Spesso in quest’ultima situazione facciamo fatica a distinguere la paura dalla rabbia poiché l’emozione che ci risuona per prima, molto forte è quella di rabbia e solo riflettendo meglio sulle nostre emozioni ci rendiamo conto che essa nasconde dei timori. Può essere il timore di essere giudicati, di non essere apprezzati, amati, di essere abbandonati. In queste situazioni la rabbia è un’emozione secondaria alla paura, ma in ogni caso emerge per consentirci una qualche forma di difesa di fronte ad una situazione che temiamo o che riteniamo ingiusta.
La rabbia quindi è un’emozione importante e non è sbagliata di per sé, anzi, sicuramente in assenza di un sistema agonistico di difesa, evolutivamente parlando, noi non saremmo qui. Questa emozione può diventare inopportuna e tossica in determinate situazioni, soprattutto quando perde di vista la sua funzione di difesa. Riprendendo l’esempio dell’atleta e della gara, la rabbia è eccessiva e inopportuna se porta l’atleta non solo a discutere con l’arbitro ma ad esempio a picchiarlo, oppure se questa rabbia persiste anche molto tempo dopo che ci si è difesi. Talvolta, invece, non riusciamo a difenderci e in questo caso la rabbia rimane dentro di noi sotto forma di risentimento, invidia e rancore. La rabbia trattenuta si associa generalmente a tensione muscolare e questo può portare a problemi muscolari, gastrointestinali ecc.. (somatizzazione della rabbia). Sapere esprimere la rabbia in maniera adeguata riduce i timori nei confronti della vita e delle persone ma questo non sempre è semplice. Vi sono persone che crescono in contesti famigliari dove non è consentito esprimere la rabbia poiché i genitori potrebbero reagire con minacce di abbandono, giudizi terribili e maggior rabbia da parte dei genitori. In un contesto del genere una persona cresce abituata a non esprimere la rabbia, anzi teme i conflitti e tende a preferire atteggiamenti remissivi e poco rancorosi, fino ad arrivare e non sentire quasi mai questa emozione. Si tratta solo di apparenza, la rabbia invece viene comunque assorbita dal soggetto che poi si ritrova a dover gestire “improvvisi sfoghi rabbiosi incontrallati (“sono fatto così: sopporto, sopporto e poi esplodo”). Al contrario invece ci sono persone cresciute in “contesti rabbiosi”, dove la rabbia è all’ordine del giorno: continui litigi tra genitori e tra genitori e figli. Queste persone non riescono, nella vita quotidiana, ad utilizzare la rabbia solo all’occorrenza, ma essa guida costantemente tutte le loro azioni. La rabbia dovrebbe essere utilizzata, sfogata ed espressa in alcune situazioni ma non in tutti i contesti. Spesso invece siamo immersi in ricordi, immagini passate che situazioni attuali possono rievocare e questo ci può portare ad essere o eccessivamente remissivi o eccessivamente aggressivi (basta pensare gli italiani ai semafori, per strada o ancora peggio negli stadi). Le persone eccessivamente passive possono imparare ad essere più ASSERTIVE, ad esprimere il proprio disappunto al di là dell’eventuale disaccordo del proprio interlocutore in modo tale poi da non dover fare i conti con scoppi d’ira incontrollabili. Al contrario i rabbiosi “cronici” dovrebbero validare in parte la propria emozione: “cavolo mi ha rubato il parcheggio è normale che questa cosa mi dia fastidio” imparando però a riconoscere l’ECCESSO delle proprie reazioni, modulandole.