Sviluppare la propria assertività richiede impegno e questo non è dovuto solo all’educazione e agli apprendimenti che ci sono stati impartiti, ma dipende anche da una serie di preconcetti culturali, dei veri e propri miti, che vanno ad influenzare fortemente il nostro modo di relazionarci agli altri.
In primis possiamo citare il mito del buon amico ovvero la credenza erronea che le persone a noi più vicine, che ci sono amiche, siano sempre in grado di comprendere quello che noi avremmo voluto dire o come avremmo preferito che andassero le cose, senza che sia necessario da parte nostra esprimerlo apertamente (es: avrebbe dovuto capire da solo che non volevo che si comportasse così). È importante ricordare che quello che noi riteniamo importante può non esserlo per gli altri, quindi è molto meglio parlare apertamente. Un altro preconcetto abbastanza diffuso è quello dell’umiltà ovvero la tendenza delle persone a ritenere che la cosa più importante sia quella di mostrarsi umili, costi quel che costi. Queste persone tendono ad essere molto critiche verso se stesse, ad autosvalutarsi davanti agli altri, per questo possono presentare maggiori difficoltà nel momento in cui è necessario esprimere la propria opinione e perseverarla. Un altro fattore che può rendere difficoltoso esprimere la propria assertività si caratterizza dalla tendenza a non accettare la propria ansia, ritenerla un qualcosa di cui sbarazzarsene e vergognarsi. Chi crede in questa concezione tenderà ad evitare tutte le situazioni che provocano ansia, e potrà mettere in atto atteggiamenti remissivi e passivi proprio per evitare di agitarsi. In realtà così facendo si tende a diventare ansiosi per cose sempre meno importanti, si crea uno spiacevole circolo vizioso e non si riesce ad evitare l’ansia di cui si ha paura. Infine, tra i vari preconcetti culturali possiamo citare quello dei ruoli sessuali i quali possono portare le persone a pensare “non devo comportarmi così perché un vero uomo/donna non lo farebbe”. I ruoli sessuali cambiano molto da una società all’altra e come ben sappiamo spesso sono generatori di stereotipi sociali molto forti, non cadiamo nella trappola di consentire a qualcuno di utilizzare la nostra identità sessuale per farci agire come vuole lui.
Ci sono però delle situazioni in cui è impossibile adottare una normale comunicazione assertiva, poiché il nostro interlocutore cerca di manipolarci nonostante il nostro diniego, oppure ci rivolge critiche ingiuste ecc. in questi casi sono utili le cosidette tecniche di autoprotezione, da applicare in quelle situazioni in cui non si riesce ad interagire in altro modo. Vediamone alcune:
1) Tecnica del disco rotto: questo tipo di tecnica consiste nel continuare a ripetere più e più volte la propria risposta finchè l’altro non l’accetta. Può succedere di applicarla durante una lite, quando il nostro interlocutore ci attacca non lasciandoci la possibilità di controbattere o quando ad esempio l’altro non comprende il nostro messaggio ed insiste con il suo, per convincerci o farci cambiare idea. In queste situazioni spesso succede che cerchiamo di dare spiegazioni o di rispondere alle domande che vengono poste. In questi casi non ha senso perdersi in inutili spiegazioni poiché lo scopo dell’altro è quello di persuaderci indipendentemente da quello che abbiamo noi da dire, l’unica soluzione è quella di limitarci nel ripetere la stessa risposta. Ad esempio: “Mi dispiace non sono interessato/a” e se l’altro continua “Mi dispiace non sono interessato/a” e così via finchè la comunicazione non si interrompe.
2) Tecnica della sordità selettiva: anche questa strategia è corretto applicarla nelle situazioni in cui altre forme di interazione più costruttiva non sono possibili e consiste nel rifiutarsi di parlare di un certo argomento. Si può introdurre ciò dicendo “ok credo che ne abbiamo parlato abbastanza, ti chiedo se possiamo evitare di ritirare fuori l’argomento, se lo farai sappi che fingerò di non sentirti”. Può sembrare un metodo drastico ma in alcuni situazioni molto utile, soprattutto se si è capaci di tacere veramente, anche se provocati.
3) Assecondare/annebbiare: questa tecnica consiste nel confondere volutamente il proprio interlocutore/provocatore. Supponiamo ti essere nel pieno di una lite e di voler interromperla poiché ci rendiamo conto che l’altro non fa che accusarci e non è in grado di sostenere una comunicazione costruttiva, possiamo apparentemente assecondarlo dicendo: “Va bene, rifletterò su quello che mi sta dicendo, può anche essere che tu abbia ragione”. In questo modo diamo l’impressione di condividere il giudizio negativo, senza necessariamente farlo.
Per sviluppare una comunicazione assertiva ci vuole tempo impegno e pratica. I cambiamenti nel nostro modo di comunicare potrebbero destare delle reazioni nei nostri familiari, amici e conoscenti. Questa è una cosa può accadere. Se ad esempio siamo persone molto remissive gli altri possono stupirsi di alcune nostre prese di posizione e non gradirle o al contrario se siamo tendenzialmente aggressivi tutti rimarranno sorpresi di eventuali nostri cambiamenti. Ricordiamo che questi sono problemi loro.