Gli attacchi di panico si caratterizzano per un’improvvisa manifestazione di ansia o una rapida escalation di quella presente. Essere presenti nei momenti in cui un familiare/amico ha un attacco di panico può portare ad avvertire un senso di impotenza, chiedendosi qual è il modo migliore per aiutare la persona in preda al panico, senza che il nostro intervento diventi controproducente. Talvolta pensando di agire positivamente, si rischia di metter in atto comportamenti che non solo non aiutano la persona che soffre, ma alimentano il circolo vizioso del panico e alcune pericolose dinamiche interpersonali.
Come prima cosa è fondamentale RICONOSCERE LA SITUAZIONE, essere in grado di individuare un attacco di panico, sapere di cosa si tratta e come si presenta (vedi articolo: Attacchi di Panico: Cosa sono?). È importante sapere che gli attacchi di panico possono presentarsi improvvissamente e apparentemente senza motivo. Anche se sono abbastanza angoscianti e possono durare da 5 minuti a diverse ore, gli attacchi di panico di per sé non sono mortali.
Qualora fosse la prima volta che il vostro familiare presenta questa sintomatologia, può essere di aiuto RICERCARE ASSISTENZA medica di emergenza. In questo modo avrete la certezza di quanto sta accadendo, soprattutto se il vostro familiare soffre di altre patologie quali diabete, pressione alta ecc.
Qual ora invece non fosse la prima volta, e siete entrambi a conoscenza del disturbo e della comparsa degli attacchi, cercate di accompagnare il vostro familiare in un LUOGO TRANQUILLO, nel quale sa di potersi sentire maggiormente a proprio agio. A questo punto potete rivolgerti a lui/lei in modo DECISO MA RASSICURANTE, non afferratelo con forza o trattenerlo, cercate piuttosto di rivolgervi a lui con parole che siano rassicuranti ma al tempo stesso ferme. Una persona che sta avendo un attacco di panico può trarre giovamento dalla presenza di una figura di riferimento in grado di trasmettergli tranquillità, riportandolo/a alla situazione reale.
Potete inoltre aiutare il vostro familiare a SPOSTARE L’ATTENZIONE SELETTIVA dal monitoraggio del panico e dei proprio parametri corporei (battito cardiaco ecc) a qualcosa di diverso ed esterno, in modo tale da rompere il circolo vizioso dell’ansia.
Al tempo stesso, seppur possa capitare di farlo, bisogna evitare di esprimersi con frasi del tipo “non sta accadendo nulla di male…è tutto nella tua testa”. Dato che la paura e la minaccia percepita dalla persona in quel momento è molto reale, frasi di questo tendono ad aggravare la situazione. È importante che l’altro vi percepisca VICINI ed EMPATICI. Magari ripentendo la frase “ora ti senti in ansia, ma questa brutta sensazione passerà…sai che passerà presto”.
Può essere di aiuto, incoraggiare la persona a concentrarsi sulla PROPRIA RESPIRAZIONE, cercando di rallentare il ritmo della frequenza respiratoria. Riacquistare il controllo della sua respirazione contribuisce a eliminare i sintomi e aiuta a calmarsi. Molte persone prendono brevi e rapidi respiri quando sono nel panico e alcune trattengono il fiato. Questo riduce l’apporto di ossigeno che causa l’accelerazione cardiaca. Inizia a contare ad alta voce, incoraggia l’individuo a inspirare fino a due e poi a espirare, sempre fino a due, aumentando gradualmente a 4 e poi a 6, se possibile, fino a quando la sua respirazione non rallenterà e verrà regolarizzata. Fai in modo che inspiri dal naso ed espiri dalla bocca.
Cercate inoltre, per quanto possibile, di stare in compagnia del vostro familiare finchè non si è ripreso dall’attacco di panico, chiedendogli espressamente quali tecniche in passato gli sono state di aiuto in quei momenti. Generalmente gli attacchi di panico tendono ad avere un picco intorno ai 10 minuti e da lì ci sarà un declino lento e costante.
Tutto ciò può essere fatto per un certo periodo, durante le fasi acute, ma è anche vero che dinamiche di questo tipo, se si protraggono per molto tempo, possono andare ad alterare gli equilibri all’interno di una coppia o di un rapporto di amicizia. Se questo tipo di dinamica dovesse cronicizzarsi, può accadere che un componente sostenga rigidamente il ruolo di “salvatore e di sostegno” e chi soffre di attacchi di panico, a causa delle frequenti sensazioni di disagio, abbia difficoltà nel rimanere da solo perdendo la propria autonomia. Nel lungo termine questo tipo di dinamica può portare ad un logoramento del rapporto di coppia. Nei casi di disturbo conclamato è importante spronare il proprio familiare a prendersi cura di sé stesso, rivolgendosi ad un esperto, in modo che possa affrontare la problematica e ritrovare il proprio benessere.