L’attaccamento può essere definito come un sistema di comportamenti che portano alla formazione di un legame specifico fra due persone, un vincolo le cui radici possono essere rintracciate nelle relazioni primarie che si instaurano fra bambino e adulto. La teoria dell’attaccamento è stata formulata negli anni ’60 da uno psichiatra inglese John Bowlby. Egli sosteneva che le relazioni sentimentali, se sane, si sviluppano seguendo un percorso sia biologico che sociale, secondo un itinerario che segue una serie di tappe imprescindibili, ciascuna fondamentale per garantire il buon adattamento dell’individuo al proprio ambiente sociale e fisico.
Secondo i costrutti della psicologia cognitiva e le concettualizzazioni del neodarwinismo la relazione d’amore può essere vista come frutto dell’evoluzione e della selezione naturale, della filogenesi, quindi in parte ancorata nel nostro patrimonio genetico ed è assimilabile nella sua funzione alla relazione che lega la madre al bambino. Con questo non si intende dire che si ama il proprio partner come se questi fosse la propria madre; ma tuttavia esistono delle somiglianze rilevanti tra i due legami sia a livello fenomenologico sia a livello funzionale e spesso il rapporto madre bambino può essere utilizzato per comprendere la complessità del legame tra adulti.
Secondo l’approccio evoluzionistico a guidare le nostre azioni d’amore ci sarebbe una sorta di bisogno inconsapevole di immortalità, ovvero la propagazione delle proprie caratteristiche nella discendenza. Quando si parla di attaccamento come processo universale e a base innata, si deve anche tenere conto però che non tutti amano alla stessa maniera, così come non tutti i legami di coppia sono uguali tra loro. Alla base di queste differenze spesso ci sono le aspettative che ciascuno ha di se stesso, sugli altri, al valore che l’individuo assegna al legame affettivo e alle strategie che mette in atto per ricevere affetto.
I teorici dell’attaccamento ritengono che queste aspettative, il modo in cui ci si lega al partner e la modalità in cui si vive il rapporto con il proprio partner sarebbero fortemente influenzati dal rapporto che ciascuno ha avuto da bambino con la propria figura di attaccamento (generalmente la madre).Come accade infatti, in molte specie animali, una volta apprese nella prima infanzia le caratteristiche della figura di riferimento che dà le cura ed instaura un privilegiato legame affettivo, si tenderà poi sempre a ricercare quella figura per ricevere conforto, indipendentemente dalle forme di accadimento di cui essa è capace (si pensi ai legami che il bambino instaura con la madre maltrattante).
Cosa accade quando si cresce?
Nel corso dell’infanzia noi impariamo una serie di dinamiche relazionali (tra cui strategie per la ricerca di affetto, modi per evitare svalutazioni ecc) che abbiamo trovato funzionali per ricevere affetto dalla nostra figura di attaccamento; queste modalità vengono introiettate e diventano parte del modo in cui ci relazioniamo con gli altri, soprattutto quando instauriamo una relazione intima. Spesso tendiamo a scegliere persone che ci consentono di perpetuare tali meccanismi (sia funzionali che disfunzionali), poiché sono più simili a quelli sui quali siamo stati “improntati” (ad esempio se da piccolo ogni volta che cercavo conforto emotivo per motivi salienti mamma mi sgridava o si manteneva fredda, imparerò che esprimere il proprio disagio non serve per ottenere affetto e tenderò a sviluppare una personalità apparentemente indipendente, distaccata dalle emozioni con eventuali somatizzazioni corporee).
A molti di noi può essere capitato di incontrare persone che si lamentano delle proprie relazioni di coppia ma finiscono sempre per selezionare partner con le medesime caratteristiche i quali non faranno altro che consentire al soggetto di mettere in atto meccanismi di coppia disfunzionali (gli stessi che probabilmente metteva in atto da piccolo per cercare di attirare l’attenzione della madre). Ovviamente al di là delle somiglianze tra tali relazioni, altrettanto marcate possono essere le differenze tra le caratteristiche del proprio partner e quelle della propria figura di riferimento infantile e nei post successivi cercherò di spiegarne il motivo.
Il proprio modo di relazionarsi con l’altro è comunque fortemente influenzato anche dalle precedenti relazioni di coppia e da numerose altre variabili che possono entrare in gioco; infatti l’interazione organismo-ambiente è una costante nel processo di sviluppo degli essere viventi, ed è tanto più in progress quando più gli individui sono complessi.
È possibile cambiare i meccanismi disfunzionali che caratterizzano il proprio stile di attaccamento?
Bisogna ricordare che il cervello è un organo dotato di elevata plasticità e le nostre stesse capacità cognitive, possono essere utilizzate per difendersi dai nostri stessi meccanismi mentali. Questi infatti si sono mantenuti perché funzionali nel mantenere un legame di attaccamento con la propria madre ma potrebbero essere utilizzati in modo distorto e portare a legami sentimentali infelici.
Fonte: Grazia Attili, Attaccamento e Amore