Quando si parla di perfezionismo si fa riferimento al bisogno impellente di svolgere un compito nel migliore dei modi possibili, sforzandosi di raggiungere uno standard mentale di adeguatezza spesso molto elevato. NON si tratta di ambizione, ovvero del desiderio di voler fare qualcosa fatto bene e di impegnarsi al massimo per raggiungere il proprio obiettivo. Quando si parla di perfezionismo “patologico” si fa riferimento ad estenuanti sforzi che vengono messi in atto per scongiurare anche la minima imperfezione o il più piccolo errore nel proprio operato. Questa forma di perfezionismo può essere causa e a sua volta conseguenza della costante paura di fallire.
Vediamo un esempio:
Simona è una donna di trentasette anni, sposata e madre di due figli. Lavora come impiegata in una grossa azienda. I genitori, quando era piccola, tendevano senza rendersene conto a demoralizzarla e criticarla ogniqualvolta non raggiungeva le loro aspettative. Pensavano di spronarla a dare sempre di più e a migliorarsi. In realtà quando lei soddisfaceva le loro aspettative raramente la rinforzavano, poiché ritenevano che avesse semplicemente fatto il suo dovere. Alla fine quindi tendeva a ricevere soprattutto critiche del tipo: “potresti fare meglio, se solo lo volessi!”.
Fin da piccola il messaggio che Simona ha introiettato è stato il seguente “Valgo per quello che riesco a FARE. Sono brava se riesco a dimostrare agli altri di esserlo”. Nessuno le ha mai detto “tu vai bene così come sei! e ti amiamo per questo!”. Tendeva quindi a conformarsi alle aspettative altrui, come avrebbe fatto chiunque si fosse trovato difronte a quel tipo di stile relazionale. Ogni bambino desidera garantirsi la vicinanza delle proprie figure di riferimento, siamo improntati biologicamente per questo! E Simona aveva appreso ad essere brava e a pretendere il massimo da se stessa proprio per garantirsi l’approvazione dei genitori. Ma in questo si illudeva: l’asticella da raggiungere per essere all’altezza ogni volta era sempre più alta, poiché i genitori pensando di spronarla, tendevano sempre ad alzare il tiro. Inoltre spesso svolgeva compiti e mansioni che non le piacevano davvero, ma riteneva di DOVERLI FARE per sentirsi accettata.
Così crescendo, Simona, sia a a scuola che nel lavoro ha sempre cercato di dare il massimo. Anche nel tempo libero vuole essere più brava degli altri. Cercando di ottenere il meritato riconoscimento e non sentirsi più criticata. Ad esempio, quando da adolescente aveva iniziato a giocare a pallavolo era soddisfatta solo quando riusciva ad accontentare l’allenatore.
Da adulta, dopo la nascita del primo figlio è ingrassata particolarmente e a lungo andare i problemi di linea hanno iniziato a preoccuparla particolarmente. Temeva che il compagno non la trovasse più attraente e trova un sistema che all’inizio le sembra ideale: si procura il vomito dopo ogni pasto. Apparentemente sembra aver risolto i problemi di peso ma sviluppa una bulimia di grado severo. Simona è sempre in competizione, con le colleghe che potrebbero svolgere un lavoro in modo migliore, con le altre mamme le quali possono esser più brave di lei nell’educare i figli e infine con le altre donne in generale che possono essere più belle di lei e “portarle via” il marito. Simona, dietro la facciata di donne perfetta che cercava di raggiungere a tutti i costi, possiede un forte senso di indegnità e inadeguatezza: la sua bambina interiore nel passato è stata ripetutamente ferita. Crescendo per tutelarsi da quel malessere ha sviluppato un piano di perfezionismo e controllo. Se io raggiungo la perfezione nessuno potrà più criticarmi e finalmente verrò amata! Peccato che si tratti di un’illusione: i suoi sforzi di raggiungere sempre il massimo in ogni campo, tuttavia, producono i risultati opposti, più ricerca controllo e perfezione e maggiore è la dose di perfezione che richiede a se stessa la volta successiva.
Simona ha perso di vista la sua bambina interiore e anche lei pretende da se stessa esattamente ciò che i suoi genitori pretendevano da lei quando era piccola.
Spesso si pretende di essere perfetti non solo a scuola e sul lavoro ma anche nel privato. Così facendo si perde la propria autenticità e la propria originalità.
Se vi capita di ritrovarvi in questi comportamenti ricordate che:
-se non vi consentite di sbagliare non potrete mai rinforzarvi e fortificarvi.
– ci sarà sempre qualcuno a cui quello che avete fatto non va bene. A maggior ragione se la voce è il vostro giudice interiore, troverà sempre un difetto nel vostro operato, anche se vi siete impegnati al massimo e avete dato tutto voi stessi.
– ponetevi obiettivi di riuscita, chiedetevi cosa vorreste raggiungere e NON cosa temete che accada o cosa temete di sbagliare
– accettatevi per quello che siete, perché siete unici, non c’è altro essere al mondo come voi. Così facendo scoprirete le vostre parti più autentiche e potrete valorizzarle.