Recentemente ho letto un libro divulgativo di rapida e scorrevole lettura dal titolo “Il bambino che sei stato. Un metodo per la conoscenza di sé”. Si tratta di un manualetto di semplice e scorrevole lettura che cerca di descrivere e spiegare in che modo il bambino che siamo stati continua ad agire nella nostra vita adulta.
Spesso da adulti diamo poca importanza alla nostra infanzia, in realtà essa è un qualcosa che continua ad esistere dentro di noi ed influisce su ciò che facciamo e su ciò che proviamo. A volte i sentimenti dell’infanzia son talmente forti da influenzare i nostri rapporti sociali e le nostre relazioni sentimentali.
All’interno del nostro mondo interiore ovviamente non c’è solamente la parte corrispondente al bambino del nostro passato ma ci sono anche altre parti tra cui l’adulto di oggi che cerca in qualche modo, spesso inconsapevolmente, di prendersi cura dei bisogni espressi dalla parte bambina. Quando si creano dei conflitti tra le nostre parti interne e quando il nostro adulto di oggi non riesce a soddisfare i bisogni del bambino compaiono sintomi, malesseri e disagi. Quando parlo di bisogni mi riferisco alla necessità di sentirsi al sicuro, amati ma al tempo stesso anche al bisogno di esser contenuti in momenti di impulsività e irrequietezza.
Riconoscere ed accettare i bisogni del nostro bambino del passato non significa metter in atto atteggiamenti infantili o agire d’istinto. E’ anche necessario fissare dei limiti al proprio bambino così come i genitori stabiliscono le regole per proteggere i propri figli.
Tutti noi con i nostri dialoghi interiori, ascoltando le nostre emozioni, decifrando i pensieri e agendo stiamo cercando di prenderci cura del nostro bambino interiore. Purtroppo però a volte lo facciamo nel modo sbagliato e senza rendercene conto incrementiamo il suo pianto, ovvero il bisogno di fondo aumenta invece che essere soddisfatto. Ecco che magari ci accorgiamo di provare rabbia verso qualcuno, è la nostra parte emotiva che esprime un bisogno. Ipotizziamo che l’adulto di oggi abbia imparato che la rabbia è un’emozione poco utile che allontana invece che avvicinare. Il nostro adulto invece che sintonizzarsi con il bambino, accogliere la rabbia e pensare ad un modo per esprimerla, fa finta di niente e risponde al bambino “Non arrabbiarti altrimenti rischi di perderlo/a”. E quindi il bisogno del bambino invece che esser soddisfatto aumenta e si crea un conflitto tra le parti. Questo conflitto può manifestarsi attraverso ansia, disturbi alimentari, somatizzazioni, ossessioni, depressione ecc.
Se proviamo a concentrarci sulle parole che il nostro adulto rivolge al bambino interiore ci accorgeremo che sono molto simili a quelle che le nostre figure di riferimento ci hanno rivolto da bambini e/o abbiamo osservato e assimilato nella nostra infanzia.
A volte l’emotività della nostra parte bambina, soprattutto se in passato ha subito delle ferite, è così intensa da farci rivivere in età adulta le emozioni vissute nell’intimità della nostra infanzia, portandoci a distorcere le circostanze e i rapporti che viviamo ogni giorno. E quindi se da piccoli le figure attorno a noi si sono mostrate inaffidabili, da adulti il nostro bambino interiore tenderà ad aspettarsi dagli altri inaffidabilità. In questo modo ripristiniamo la “sicurezza” del nostro ambiente familiare, anche se esso è stato caotico, freddo o violento. Le situazioni e i rapporti dei primi anni di vita possono anche non esser stati tutti positivi, ma è in questo scenario che abbiamo appreso tutto quello che sappiamo sulla vita e sul mondo in generale.
Nei prossimi articoli vedremo nello specifico le possibili caratteristiche della nostra parte emotiva e i modi appresi per cercare di soddisfarne i bisogni.
FONTE
Il bambino che sei stato di W. Hugh Missildine